Accordo di Cooperazione Territoriale

Accordo di Cooperazione Territoriale

A seguito del percorso biennale del progetto “Cooperiamo per l’Economia del Buon Vivere Comune” (finanziato dalla Regione del Veneto, POR FSE 14-20) è stato redatto collettivamente un ACCORDO DI COOPERAZIONE TERRITORIALE, documento che si propone di delineare l’orizzonte politico/simbolico e le strategie di una aggiornata cooperazione, a cui potranno aderire i diversi soggetti del territorio per dare vita a un Laboratorio permanente dell’Economia del Buon Vivere Comune.

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Accordo di Cooperazione Territoriale

“Cooperiamo per l’Economia del Buon Vivere Comune”
il percorso continua…

Abbiamo vissuto un biennio straordinario di incontri, scambi, ricerche che ha potenziato la comunicazione tra socie e soci all’interno delle nostre organizzazioni e la relazione reciproca fra i partner e ha arricchito la nostra esperienza, sollecitando nuove idee e creando occasioni per sperimentazioni e collaborazioni prima impensate. Il progetto, partito da 118 partner è arrivato a  coinvolgere fino a circa 250 realtà (imprese sociali, imprese profit, realtà della società civile, associazioni di categoria, università, centri di studio e ricerca pubblici e privati, scuole, comuni e enti locali, sindacati, realtà di finanza etica e microcredito, banche di credito cooperativo). In collegamento con la Regione Veneto naturalmente, attraverso il progetto di Mag Verona.

Un orizzonte di senso

Abbiamo creato un orizzonte orientato al buon vivere comune nel quale si sono riconosciuti, incontrandosi e intrecciandosi, percorsi che prima procedevano parallelamente.

Un orizzonte nel quale il buon vivere comune è garantito non solo dal benessere economico ma dalla centralità del lavoro di qualità svolto con passione e piacere, dalla salubrità e dalla bellezza dell’ambiente fisico e naturale, dall’equità e dalla giustizia nell’accesso alle risorse e nella distribuzione delle ricchezze, dalle buone relazioni sociali capaci anche di offrire sostegno e di arginare la solitudine. Tale orizzonte costituisce un orientamento di senso, un respiro ampio per il futuro al fine di progettare in modo cooperativo le attività per un maggiore impatto trasformativo sul territorio, rafforzando e dando continuità al Laboratorio Permanente dell’Economia del Buon Vivere Comune, tavolo di lavoro e comunità di pratiche che potrà fungere da coordinamento per i gruppi di lavoro tematici esistenti e per quelli che potranno formarsi in futuro.

Un’economia vera

Fra le realtà partner del progetto, le imprese economiche sono rappresentative di tutti i settori tipici dell’economia: industria, agricoltura, servizi. Ci sentiamo, dunque, di poter affermare che l’economia sociale – perno del progetto realizzato – non è un settore residuale e sussidiario posto fra stato e mercato, come lascia intendere l’espressione Terzo Settore, ma è economia vera alternativa all’economia neoliberista dominante, orientamento fattivo di un ecosistema territoriale segnato dal buon vivere comune.

L’aggettivo sociale, infatti, indica la capacità delle nostre attività di dare risposte ai bisogni ma anche, e soprattutto, di aumentare il benessere e la felicità degli individui e della comunità; mentre l’economia neoliberista è “falsa” in quanto promette un benessere materiale, dal quale dovrebbe derivare un benessere collettivo, mentre di fatto crea e aumenta le disuguaglianze e riduce le possibilità di felicità per molti, garantendole solo ad alcuni.

Inoltre, la dicitura non profit sta a sottolineare la significativa differenza dell’economia che pratichiamo; la nostra motivazione all’auto-imprenditorialità è più profonda, complessa e responsabile rispetto alla prioritaria ricerca del profitto, come si evince dall’obbligo di reinvestire gli utili in nuova occupazione, nell’incremento e miglioramento costante dell’offerta di beni e servizi, nella cura delle condizioni ambientali; un obbligo che impedisce che siano solo alcuni a godere della ricchezza prodotta a scapito di un benessere condiviso.

Siamo consapevoli che abbiamo la responsabilità di continuare a produrre “cose buone” anche se questo non implica il pensare di conoscere quali siano le condizioni migliori per tutti. Consideriamo, quindi, una ricchezza la pluralità di modelli economici e la pratica del partire da ciò che è meglio per sé rimanendo in ascolto degli altri, in un processo aperto e in continua evoluzione. 

Un nuovo tessuto sociale

Abbiamo creato una comunità cooperante nella quale riconosciamo fondamentale la capacità di esprimere il bisogno dell’altro, il saper dire “ho bisogno di te”. L’espressione di questo bisogno ha un grande potere trasformativo e costituisce un vero e proprio antidoto tanto all’ideologia neoliberista che esalta e promuove l’autosufficienza di un soggetto iper-egoico, libero solo se svincolato dai legami sociali, tanto all’ideologia comunitaria, veicolata dalle ideologie nazionaliste, in cui la singolarità scompare dietro un’identità collettiva omogenea.

Riconoscere il bisogno degli altri e delle altre significa essere in grado di nominare sia ciò che si porta all’interno di un sistema di relazione e di condivisione – i propri talenti, i propri commerci, le propria creatività e unicità – sia quello che ci manca e che da soli non siamo in grado di fare. Ciò equivale a praticare un’idea di responsabilità sociale di territorio imperniata sul riconoscimento dell’interdipendenza quale principio fondamentale di uno scambio in cui sono le risorse ad essere in comune e non lo scambio complementare di vantaggi, ma anche la consapevolezza che se è vero che non possiamo fare tutto da soli, come singoli e come imprese, è vero anche che non dobbiamo fare da soli e godere, quindi, del sollievo che la responsabilità condivisa comporta. La responsabilità è dunque la conseguenza di un senso di appartenenza, da rinnovare costantemente, della coscienza di essere parte di una comunità cooperante nella quale far conoscere e circolare i propri servizi e prodotti per venderli e valorizzarli e condividere così l’orgoglio per il lavoro ben fatto.

In base al principio d’interdipendenza si possiamo affermare che l’economia del buon vivere comune è in grado di coniugare l’interesse personale con il benessere collettivo: proprio perché nessuno può fare tutto da solo, chi si occupa di un “pezzo” di mondo e se ne prende cura – che sia il recupero di spazi urbani, il benessere delle persone o l’agricoltura biologica – si prende cura del bene comune. 

Un rinnovato mutualismo

L’esperienza MAG ha come antecedente storico il mutualismo autogestito di fine ‘800. Se a quell’epoca lavoratrici e lavoratori fortemente svantaggiati hanno deciso di mettersi insieme e offrirsi mutuo aiuto e assistenza economica per garantirsi reciprocamente la sopravvivenza, oggi si tratta prevalentemente di mettersi insieme per creare un nuovo mondo nel quale la sopravvivenza materiale non sia dissociata dall’incremento della felicità ma, anzi, si alimentino reciprocamente. Queste ultime sono le basi di un aggiornato mutualismo.

La pratica di autogestione fa riferimento alla capacità di assumere, in prima persona e in relazione, la responsabilità di dare risposte che effettivamente tengano conto dei bisogni vitali, materiali e dell’anima insieme. Siamo convinti che la pratica mutualistica, autogestita e non profit possa costituire uno strumento strategico perché consente di agire come una comunità cooperante fornendo la legittimazione adeguata a portare con orgoglio nel mondo quello che facciamo, offrendo la protezione necessaria per esporsi per un obiettivo più ampio e più alto.

Assumiamo, dunque, il rischio di ri-orientare le relazioni sociali, economiche e politiche dominanti verso una nuova cultura del fare impresa, una nuova concezione del lavoro, in cui il sindacato riassume la sua autentica funzione di soggetto politico ed educativo, un cambiamento nei consumi e negli stili di vita, un legame sociale di reciprocità. Scommettiamo, quindi, per un vero e proprio cambio di civiltà che, di fatto, è la motivazione molto spesso inconscia del nostro fare impresa: è necessario farla emergere e nominarla in connessione all’eccellenza che siamo in grado di produrre quale suo ingrediente fondamentale.

Come intendiamo proseguire

Consapevoli dell’importanza che il patrimonio culturale e la ricchezza di ciò che abbiamo prodotto non possano e non debbano essere dispersi, intendiamo impegnarci affinché divenga bene comune: un qualcosa di strutturale e ben radicato nel territorio, che proceda con i tempi e ritmi delle normali attività; una base per la creazione di nuovi contatti e di un coinvolgimento sempre più ampio del territorio.

Proponiamo come azione privilegiata per il consolidamento e il proseguimento del progetto la costruzione di un propulsivo bilancio sociale di territorio, inteso ora geografico ora relazionale, ecc…

Nello specifico intendiamo, in stretta collaborazione tra imprese, università, amministrazioni pubbliche, libere associazioni, istituzioni scolastiche e altri soggetti del territorio:

  • qualificare, a partire dal nostro orizzonte condiviso, gli elementi che specificano la differenza dell’economia del buon vivere e che ne determinano i livelli di qualità e di inclusione sociale;
  • individuare gli indicatori per misurare tali elementi caratterizzanti, per rendere conto di ciò che è stato fatto e di quello che intendiamo fare e per misurare complessivamente l’impatto economico e sociale sul territorio nei termini di incremento di un benessere condiviso;
  • monitorare nel corso del tempo le attività svolte e che si svolgono anche nel senso di correggere il tiro rispetto agli obiettivi del nostro orizzonte condiviso;
  • formalizzare degli strumenti di cui ci dotiamo – indicatori, pratiche di valutazione e monitoraggio, modulistica – al fine di snellire il carico di oneri burocratici imposti, che riteniamo eccessivi e non adeguati, riducendoli a quelli essenziali e sostanziali.

Riteniamo che costruire insieme un bilancio di territorio significhi inoltre:

  • continuare a creare occasioni di incontro e scambio, di comunicazione interna fra i soci e fra le organizzazioni, da incrementare anche favorendo la condivisione degli spazi;
  • fornire l’occasione per una formazione e autoformazione continua, tanto per gli individui quanto per le singole organizzazioni, in un processo di insegnamento e apprendimento reciproco, al fine di tenere sempre collegate le nostre pratiche con la coscienza dell’obiettivo più alto che ci sia diamo dati e alimentando la visione comune in tutta la filiera della creazione del valore.
  • costituire uno strumento di comunicazione efficace per una rendicontazione che sia un vero e proprio rendere conto della specificità dell’economia del buon vivere comune, della sua differenza, il suo di più, rispetto all’economia liberista.

Accanto e in connessione al bilancio sociale di territorio intendiamo proseguire il lavoro sui filoni di ricerca già presenti nel progetto attraverso la creazione di gruppi di studio e lavoro su:

1. Formazione all’economia di equità e giustizia.

Intendiamo, in sinergia con altre organizzazioni e istituzioni, implementare occasioni formative per significare le specificità dell’economia del buon vivere comune, mostrandola come attività pienamente economica la cui molla non sta nella primaria ricerca del profitto, configurandosi come gesto politico di creazione di un mercato ispirato ai valori di equità, giustizia e di valorizzazione della vita in ogni sua sfera. La formazione si focalizzerà, dunque, sul mostrare i processi della produzione dei nostri beni e servizi e su come si ottiene l’alta qualità, anche valorizzando la differenza tra donne e uomini nei processi economici. Inoltre, riteniamo che mostrare alle giovani generazioni l’auto-imprenditività come una possibilità di occupazione etica e sostenibile sia la via privilegiata per il mantenimento e l’evoluzione delle imprese responsabili. E ciò, nella convinzione che sia vitale offrire uno spazio di protagonismo ai/alle giovani, che per loro natura portano desiderio di cambiamento e sempre più forte attenzione alla cura dell’ambiente per le distruttività in atto.

2. Beni abbandonati: proprietà privata, pubblica beni comuni.

I beni privati e pubblici abbandonati interrompono la vitalità dei quartieri e della città costituendosi come luoghi di degrado e/o spazi di criminalità. Intendiamo approfondire lo studio e la sperimentazione degli strumenti per fare proposte relative alla possibilità di una presa in carico da parte delle comunità in vista di un uso condiviso, dando vita a nuovi beni comuni, anche attingendo alle pratiche e alle modalità della cittadinanza attiva e della partecipazione in chiave di sussidiarietà.

3. Moneta complementare.

A partire dagli studi e dalle sperimentazioni esistenti, intendiamo approfondire la possibilità che, non contro ma accanto e oltre l’euro, si possa immaginare una moneta complementare per sostenere – localmente – obiettivi specifici di economia del buon vivere. Forti della fiducia che si è sviluppata all’interno della comunità cooperante, pensiamo che sia possibile estendere il circuito mettendo insieme le persone che lavorano bene, e coinvolgendo comunque le istituzioni, in modo tale che la moneta complementare sia in grado di esprimere anche un valore etico e un obiettivo generale.

4. Sviluppo di circuiti virtuosi di responsabilità di territorio integrata.

Intendiamo promuovere ed elaborare progettualità concrete, interagendo di volta in volta con gli attori interessati, in modo trasversale a mondi diversi e a aree tematiche differenti, che sviluppino circuiti virtuosi e sostenibili di buona economia in risposta a bisogni e desideri emergenti dalla comunità, in particolare elaborando:

  • filiere locali che operino generando e redistribuendo valore ai territori, secondo logiche non estrattive, anche partendo da aggiornati antichi mestieri e dall’economia circolare;
  • sistemi di welfare interaziendale e territoriale secondo criteri di coprogettazione, coproduzione e coprotagonismo dei beneficiari dei servizi sociali;
  • processi di creazione di motivata occupazione che tengano assieme inclusione lavorativa e sociale, integrazione di vita produttiva e riproduttiva, innovazione del mondo del lavoro;
  • piattaforme cooperative di contrasto alle diseguaglianze e alle nuove povertà, intese non solo come economiche, ma anche come sociali, relazionali, culturali e abitative;
  • modalità di agire economico di rete che connettano le imprese alla cura della terra, delle persone e del patrimonio materiale, culturale, artistico e spirituale delle comunità, collegando le azioni contestuali con i 17 obiettivi generali per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.

 

Verona, novembre 2018

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