Le ferite feconde del parto

Le ferite feconde del parto

L’Ufficio Studi MAG vi propone la lettura dell’editoriale di Luigino Bruni, pubblicato il 04 Dicembre sul sito avvenire.it.

Con questo articolo Bruni, analizzando i Canti del Servo, riflette sulla visione della sofferenza e della sventura, che nel mondo antico erano considerate un castigo di Dio, una colpa, per cui il povero non meritava alcuna empatia. Solo più tardi si è cominciato a vedere i poveri, i più deboli, come vittime che espiavano tutte le colpe della comunità. E questo è un passaggio epocale.

<<Per le teologie del tempo, la sofferenza era la sorte dei peccatori o degli eredi dei peccatori. Non esisteva la possibilità del giusto sofferente. […] L’umiliato dagli uomini era anche castigato da Dio. La straordinaria rivoluzione teologica di questi canti sta allora nell’innocenza della vittima: “Sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca” (53,9).Poche parole, ma capaci di una svolta religiosa epocale: la vittima è un innocente. Il canto del servo segna […] la fine della religione economica, dove i poveri erano la moneta per pagare i debiti di uomini potenti bisognosi di tranquillizzare la propria coscienza mentre producevano e riproducevano le ingiustizie e i soprusi. […] Il servo non era solo innocente: è stato trafitto per le nostre colpe, fu percosso, messo a morte, per i nostri peccati. Una comunità, forse un popolo, fu guarito a causa delle sue ferite.  E qui tutto si complica.>>

Per proseguire, potete trovare qui l’intero articolo.

Buona lettura!

Ufficio Studi Mag