L’Europa delle Città Vicine – l’intervento di Loredana Aldegheri

L’Europa delle Città Vicine – l’intervento di Loredana Aldegheri

Roma, alla Casa internazionale delle donne, sala “Carla Lonzi”, via S. Francesco di Sales 1, dalle 9.30 alle 17 di domenica 21 febbraio 2016: le Città Vicine invitano a un convegno su quanto sta accadendo in Europa e sulle prospettive e possibilità che abbiamo di aprire nuove vie per un’Europa più vicina alle vite, ai bisogni, ai desideri.

Pubblichiamo di seguito l’intervento della direttrice Loredana Aldegheri, che parteciperà al convegno:

“L’Europa, negli ultimi 15 anni, l’abbiamo senz’altro avvertito tutte e tutti, ha fatto sentire via via il suo peso soprattutto in economia quale effetto soprattutto degli accordi di Maastricht del 1992.

E questo, in parte come continuità di una tradizione, infatti, al di là degli ideali ispiratori del trattato di Roma del ’57 e delle periodiche raccomandazioni all’attenzione per i diritti civili, negli anni, l’iniziativa europea si è concretizzata soprattutto nel creare entità uniformanti di natura economica  es. la CEE, la CECA, il MEC, l’EURATOM ecc.

Nel 2001 il passaggio forte fu l’euro che doveva consolidare la cooperazione economica tra stati per facilitare, strada facendo, il resto compreso il varo di una Costituzione Europea.

L’integrazione economica europea, simboleggiata dalla moneta unica, si è intrecciata con il consolidarsi della globalizzazione e con la deregolamentazione del mercato dei capitali a livello mondiale; deregolamentazione che ha aperto la strada alla finanziarizzazione dell’economia e soprattutto al fare soldi con i soldi ovvero con i titoli sostitutivi della moneta, tant’è che ad oggi i titoli e i derivati sono 10-15 volte il PIL mondiale.

In questo orizzonte l’Europa  viene fortemente contaminata dal vento neo-liberista, che spira dall’Atlantico e prima ancora da oltre Manica decisamente sospinto dalle politiche rigoriste della Signora Thatcher e da quelle repubblicane di Bush Junior.

C’è da domandarsi: la globalizzazione ed il liberismo si sarebbero imposti senza reali debolezze in atto?

  • ž  es. il fallimento dei  socialismi realizzati di cui non abbiamo certo nostalgia;
  • ž  il rinsecchimento di partiti socialisti e comunisti europei;
  • ž  ma forse altro ancora…( es. lo sradicamento e l’interramento  di antiche e fondamentali civiltà di cui al testo di S. Tarantino “Senza madre”)

Io nomino come debolezza la scissione che si è prodotta tra comunità locali/nazionali ed Istituzioni ovvero: la scissione con parlamenti e con governi; con amministrazioni regionali e locali;  con ULSS  territoriali ecc. .

Istituzioni diventate via via autoreferenziali e orientate ad agire verso le collettività di riferimento con tagli di welfare; restrizioni di budget degli investimenti; allontanamenti di competenze; mancati turnover;  monetizzazioni dei patrimoni, privatizzazioni di servizi di pubblica utilità ecc. .

Tutto ciò mentre le comunità, ovvero i soggetti vitali, singoli o aggregati, andavano rifluendo o, alla meglio, orientandosi all’autorganizzazione con creatività, fattività e politiche libere pensando -forse ingenuamente- che i vecchi assetti sarebbero implosi…

E così l’Europa continua, imperterrita, a imporre agli stati membri il solo linguaggio del rigore, dell’austerità, del controllo dei debiti pubblici per il salvataggio dell’Euro (ma non era l’euro che doveva salvarci dai competitor di altri mondi? Cina, India ecc.).

E tutto ciò sottovalutando, come gli USA (nell’era Obama), pure attraversati dalla medesima crisi economico-finanziaria, passassero invece ad una politica economica di innovazione e di espansione monetaria a sostegno di nuova occupazione, (infatti la disoccupazione negli USA è scesa al  5%).

Certo il tutto giocato dentro il novecentesco modello di sviluppo che ricomprende politiche militari non di poco conto.

In Europa, il risultato, frutto di rigide politiche di austerità è davvero pesante. E forse è piuttosto tardivo l’intervento del Presidente della BCE Draghi con le iniezioni di liquidità e con le dichiarazioni degli ultimi giorni sulla necessità che la ripresa riparta dagli investimenti pubblici, politica finora rigettata dai liberisti, ma da non lasciar cadere.

Pesante infatti è la perdita di competitività del sistema industriale (certo quello tradizionale) che per mancanza di alternative su larga scala trascina nell’impoverimento e nella depressione larghe fasce sociali oltre a favorire l’impennata delle diseguaglianze.

Ma non va ignorato neanche l’annaspamento di tutto un mondo che, a partire dalle forze umane, sociali e relazionali molto creativamente si adopera per invertire la rotta specialmente nei contesti locali, mondo a cui non bastano le oasi di felici che pure ci sono e nelle quali molte di noi ci situiamo (sottoscritta compresa).

E qui faccio un accenno alla realtà di Mag Verona.

Nel quotidiano registriamo, senza sosta, una forte iniziativa creativa ed auto-imprenditiva di donne ed uomini di tutte le generazioni per il recupero di terre, di strutture abbandonate per farne luoghi di socializzazione per le comunità; per il rilancio di nuove artigianalità passando spesso attraverso il recupero di ogni materiale di scarto; per aggiornati servizi di cura a donne e uomini con fragilità e ferite fisiche ed esistenziali.

Realtà generalmente molto resilienti ma che patiscono l’esistenza di una “cappa” che comprime e succhia forze e che non fa fluire il necessario “ossigeno”: fatto di ascolto attivo, di infrastrutture snelle di appoggio nelle città, di sostegni finanziari di piccole entità ecc.

Cappa che si materializza in una burocrazia esasperante e spesso senza senso; in una informatizzazione spinta che impedisce opportuni contatti e scambi con il personale pubblico; in una visibile canalizzazione del denaro pubblico in opere mega non più sostenibili (trivelle- TAV ecc.), per non parlare delle troppe corrutele.

In questo scenario è evidente la contraddizione tra i processi avviati in Italia, ma anche in molti paesi dell’Europa nei primi anni ’90, processi di ri-costruzione delle municipalità e delle territorialità locali per validare il protagonismo di cittadine e cittadini (culminati da noi anche con la riforma dell’art. 118(¹) della Costituzione 4° comma), e la coercizione che l’Europa di fatto esercita sugli Stati e, per ricaduta, sulle Istituzioni del Decentramento Pubblico anche attraverso i bandi FSE.

Detto questo, se oggi le istituzioni pubbliche e pubblico- economiche, ereditate dal ‘900, sono svilite e depotenziate non resta che rendere fattiva l’intrapresa suggerita da Simone Weil, ovvero  del crearne di nuove.

Simone Weil nel testo “La persona e il sacro” dice: “Al di sopra delle istituzioni, destinate a proteggere il diritto, le persone, le libertà democratiche, occorre inventarne altre, atte a discernere e abolire tutto ciò che nella vita contemporanea schiaccia le anime sotto l’ingiustizia, la menzogna e la bruttezza. Occorre inventarle, perché esse sono sconosciute ed è impossibile dubitare che siano indispensabili”.

Per me le Istituzioni Nuove di cui parla S.Weil ci sono già ma vanno riconosciute come tali e sono: le Librerie delle Donne (aperte a donne e uomini), la Rete delle Città Vicine, la Scuola della differenza di Lecce, le Mag d’Italia, le Imprese Sociali di Comunità e di Territorio collegate Mag e dintorni, le Vicine di Casa di Mestre, l’Economia di Comunione, l’ assoc. NATUR&-Onlus di Seveso, la Casa Internazionale delle Donne di Roma  e alcune altre realtà.

Realtà che, in relazione e dotate di consapevolezza, autorità e competenze, possono rifondare l’Europa delle cittadine e dei cittadini, delle Città e delle Città Vicine, un’Europa con al centro l’economia dei beni comuni e tali sono: l’acqua, la terra, l’aria, l’istruzione, la salute, il linguaggio, il lavoro di cura ma anche -io dico- la moneta.

In prospettiva l’economia dei beni comuni nell’assumere centralità può riposizionare il mercato a lato senza perciò invalidarlo. L’economia dei beni comuni -come dice il giurista Ugo Mattei- richiede inoltre la riscrittura del diritto per andare oltre la rigida separazione pubblico-privato e oltre la tutela quasi sacrale della proprietà privata che sta ingessando molte possibilità di innovazione economica.

Un lavoro costituente urge come facciamo noi qui con questa partecipata giornata.”

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