Tutto è un infinito Abele

L’Ufficio Studi Mag vi propone la lettura dell’articolo di Luigino Bruni, apparso su Avvenire l’8 novembre, che tratta della fragilità dell’essere umano e della dimensione esistenziale dell’uomo contemporaneo.
“Tutto è habel: tutto è fumo, soffio, vento, vapore, spreco, assurdo, vuoto, nulla (..). Ma all’antico ascoltatore del libro del Qohelet, quell’habel prima di ogni altro significato suggeriva un nome: Abele, la vittima della mano di Caino (..) Il mondo è pieno di vittime. (..)
È in questo orizzonte di fragilità che (..) Qohelet vede anche il lavoro umano e il suo profitto: “C’è un profitto per l’uomo, in tutto lo sforzo che fa, penando sotto il sole?” (..)
La parola che Qohelet pone tra habel e adam è yitron: profitto. (..) Yitron era un termine del linguaggio economico della nuova religione dei commerci e dei guadagni facili (..) per dirci che esiste un legame strettissimo tra la vanitas e l’economia, e mandare così un messaggio chiaro alla sua cultura che, quasi come la nostra, vedeva nel profitto e nel denaro la prima cura della vanità della vita (..)
A fronte della fragile ed effimera condizione esistenziale dell’adam, Qohelet ci mostra la perennità dell’adamah, della terra (..) Dentro questo mondo delle cose che stanno e permangono, l’adam sente l’insufficienza della sua parola, della sua vista, del suo udito (..)
Tutte le ideologie e le malattie antropologiche nascono (..) quando non riusciamo più a tenere assieme la nostra dignità infinita con la nostra infinita fragilità (..)
Nella nostra dimensione esistenziale, siamo oggi davvero diversi dal primo Adam? (..) Dove sono, sul terreno antropologico (..) le innovazioni? (..). Dove sei diverso da Caino e da Abele, uomo del mio tempo?
Potete leggere l’intero articolo qui.
Buona lettura!